Il decreto che regola i super incentivi fiscali per chi investe in startup sta per diventare finalmente realtà, dopo un percorso pieno di battute d’arresto. Secondo un recente articolo del Sole 24 Ore, testata che ha avuto in visione il documento, la disposizione normativa è adesso al vaglio della Corte dei Conti.
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DETRAZIONI FISCALI PER CHI INVESTE IN STARTUP E PMI INNOVATIVE
Il decreto, promosso dal Ministero dello Sviluppo economico di concerto con il Ministero dell’Economia, darà finalmente attuazione alla norma prevista già nel decreto Rilancio dello scorso maggio. La disposizione stabilisce detrazioni fiscali del 50% a favore delle persone fisiche che investono in startup e Pmi innovative, nei limiti del regolamento europeo de minimis sugli aiuti di Stato. Grazie all’integrazione del riferimento al regime “de minimis”, è stato possibile ottenere il via libera a una misura da tempo attesa. La disposizione era stata già inserita nella legge di bilancio 2019 come maggiorazione rispetto alle agevolazioni fiscali previste dal decreto 178/2012. Nel caso della legge di bilancio 2019, non è mai arrivata la necessaria autorizzazione della Commissione europea in materia di aiuti di Stato.
INTERVENTO DA RILANCIARE
Con tutte le correzioni necessarie, quindi, il Mise cerca di rilanciare la disposizione. Ecco le novità introdotte. L’agevolazione fiscale viene limitata alle persone fisiche. Nella precedente versione, invece, la norma si estendeva anche alle società di capitali. Se l’investimento è diretto a una o più startup innovative, scatta un tetto di 100mila euro in ciascun periodo d’imposta. Se invece l’impresa o le imprese destinatarie del finanziamento sono Pmi innovative, il tetto è di 300mila euro. Il tutto, però, deve sempre rientrare nei limiti del regime “de minimis”. Previsto quindi un ammontare massimo di aiuti concessi ad una medesima startup o Pmi innovativa non superiore a 200mila euro, nell’arco di tre esercizi finanziari. L’investimento può essere realizzato direttamente nel capitale sociale o anche indirettamente attraverso fondi comuni (Oicr) che investono prevalentemente in startup o Pmi innovative. La norma prevede anche che l’investimento debba essere mantenuto per almeno 3 anni. Saranno ammessi come conferimenti in denaro anche la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti del capitale. Sul fronte delle Pmi innovative, se viene superata la soglia dei 300mila euro – valida per la detrazione del 50%, ecco scattare sulla parte eccedente la possibilità per l’investitore, in ciascun periodo d’imposta, di detrarre il 30%.
LE DISPOSIZIONI
Il decreto è una parte importante di un insieme di interventi inseriti nel decreto Rilancio. A novembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale. Sbloccati ulteriori 200 milioni destinati al venture capital, sotto la gestione del Fondo nazionale innovazione della Cassa depositi e prestiti. Il mese dopo è stata la volta di Smart Money: 9,5 milioni di agevolazioni destinati alle startup che acquistano servizi da operatori come incubatori, acceleratori, innovation hub, business angels.
STARTUP INNOVATIVE
Recentemente è stato rilasciato il nuovo report che fotografa lo stato dell’arte delle startup in Italia. L’analisi è frutto della collaborazione tra MISE (DG per la Politica Industriale) e InfoCamere, con il supporto del sistema delle Camere di Commercio (Unioncamere). Le startup iscritte nel Registro ufficiale si assestano ormai stabilmente sopra quota 10mila. Al 1° gennaio 2021 se ne contano 11.899, il 3,2% di tutte le società di capitali di recente costituzione. A livello dimensionale, le startup innovative sono soprattutto micro-imprese. Il valore medio della è di poco superiore a 184,7 mila euro. Come fisiologico, i dati rilevano che le startup innovative scontano un’incidenza più elevata della media di società in perdita (oltre il 52,6% contro il 30,9% complessivo). Tuttavia, le società in utile mostrano valori particolarmente positivi in termini di redditività (ROI, ROE) e valore aggiunto. Inoltre, le startup innovative presentano un tasso di immobilizzazioni – uno dei principali indicatori della propensione a investire delle aziende – di circa sette volte più elevato rispetto alle altre aziende comparabili.