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BORSA ITALIANA, ARRIVA IL DDL PER FRENARE LA FUGA DELLE PMI DA PIAZZA AFFARI

La capitalizzazione massima consentita per le pmi quotate in borsa raddoppia a 1 miliardo e si potenziano le azioni a voti plurimi. Una decisione nell’ottica di frenare l’addio al listino milanese delle società. 


Le novità sono contenute in Ddl focalizzato sulla riduzione del cosiddetto gold plating, ovvero “quegli istituti – e connessi oneri – che presentano un livello di regolamentazione superiore a quello minimo richiesto dalla normativa europea”

 

Stop alla fuga da Piazza Affari

 Alla base della necessità di rivedere e aggiornare la normativa la consapevolezza della debole attrattiva della Borsa italiana, sia per le aziende già quotate sia per quelle che potrebbero prendere in considerazione l’Ipo. Un rapporto pubblicato da Intermonte nel 2022 ha messo in luce che, tra il 2017 e il 2021, sono uscite dal listino milanese 105 società, con una perdita di capitalizzazione per Piazza Affari superiore ai 55 miliardi.

Il Governo ha presentato un nuovo Ddl che recepisce parte delle indicazioni contenute nel “Libro Verde sulla competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, pubblicato lo scorso luglio. Dallo studio è emerso come la scarsa attrattiva della Borsa Italiana sia da collegare anche alla “maggiore onerosità del processo di quotazione e dei costi di permanenza sui mercati, nonché alla minore flessibilità del sistema societario rispetto alle esperienze di altri mercati europei”.

 Il nuovo Ddl si pone quindi lo scopo di riduzione del cosiddetto gold plating, ovvero “quegli istituti [giuridici] – e connessi oneri – che presentano un livello di regolamentazione superiore a quello minimo richiesto dalla normativa europea”.

 Un nuovo meccanismo per mantenere il controllo delle pmi

 Un altro aspetto interessante della nuova normativa è il meccanismo che permette al nucleo fondante delle pmi di mantenere il controllo dell’azienda pur emettendo sul mercato nuove quote azionarie. Il tetto massimo per le azioni a voto plurimo passerebbe quindi da tre a dieci nel nuovo Ddl. Il potenziamento dei voti plurimi consente di conciliare, da un lato, la necessità di deliberare aumenti di capitale per finanziare un’attività in forte crescita e, dall’altro, la possibilità di consolidare il controllo societario in capo ai soci fondatori per garantire la speditezza delle decisioni (evitando i costi decisionali tipici di assetti proprietari frammentati).

 Infine, spazio anche a una nuova soglia di capitalizzazione entro la quale l’impresa può rientrare nella definizione di Pmi emittenti azioni quotate. Il nuovo limite si alzerebbe da 500 milioni a 1 miliardo.